Testo e foto di Antonio Federico
Nell’esaminare lo Statuto del Centro Caprense Ignazio Cerio, all’articolo n°2, tra le finalità previste sin dall’atto della sua fondazione, vi è quella di “collaborare con gli Organi competenti per la tutela e la conservazione del patrimonio archeologico, naturale e storico dell’Isola di Capri“. Precisato ciò, una tra le iniziative del Centro volte a difendere il patrimonio storico e naturalistico dell’Isola vi è stata quella di monitorare negli ultimi decenni il livello di conservazione di un’esedra semicircolare ed altre costruzioni sottostanti od attigue, tutte d’epoca romana, edificate direttamente su di una scogliera in riva al mare sulla costa nord dell’Isola di Capri.
Essa fa parte, unitamente alle rovine adiacenti, di una enorme villa d’epoca augusto-tiberiana, sita in località detta, non a caso, Palazzo a Mare, edificata dall’imperatore Augusto e ingrandita da Tiberio, e depredata in più riprese nelle epoche successive di tutto quanto l’adornava e l’esedra, forse ninfeo, apparteneva al suo quartiere marittimo.
Il luogo, o ameno e pittoresco, è noto a molti come tra quelli più affascinanti dell’Isola tanto da essere preferito da artisti, letterati ed amanti di Capri per l’atmosfera, è il caso di dire, d’altri tempi che in essa si respira e per la natura rigogliosa che le fa da cornice; un vero “luogo dell’anima”.
Orbene il nostro Centro, ad evitare nefasti crolli che potrebbero mandare in completo sfacelo detto monumento circondato anche da rovine semi-sommerse di antiche piscine destinate, all’epoca, alla ittiocoltura ed erose di continuo dai marosi, nonostante vi sia una scogliera artificiale a parziale protezione di esse, ha provveduto più volte a segnalare ai vari Organi competenti tale stato di pericolo incombente. Ciò a difesa anche della salute pubblica essendo il luogo facilmente raggiungibile via mare in quanto pressoché inaccessibile da terra per la presenza di un cancello che ne impedisce l’accesso.
Si spera, quindi, che detta esedra, ancor meglio se opportunamente restaurata anche nei motivi architettonici che la caratterizzano, attraverso periodici e puntuali interventi a difesa, resista per molti anni ancora grazie anche alla malta di cui è composta ideata ed usata dai romani ad iniziare dal primo secolo a.C. sostituendo alla sabbia la pozzolana nella mescola con la calce. La pozzolana è un tipo di cenere di origine vulcanica, così come il lapillo, ampiamente diffusa nel Golfo di Napoli e, quindi, anche a Capri, depositatasi in seguito ad antiche violente eruzioni flegree verificatesi, in gran parte, circa 39’000 anni fa. Nell’Isola non mancava, poi, di certo il calcare di qualità da cui ricavare ottima calce. I manufatti costruiti con questa tecnica non sfigurano oggi, per resistenza, con l’attuale cemento armato. Tra l’altro tale malta, avendo la proprietà di indurirsi a contatto con l’acqua di mare, assumeva anche la funzione di cemento idraulico. Essa era ottenuta mescolando una parte di calce spenta con tre parti di pozzolana alle quali si aggiungevano cocci (cocciopesto), così come scaglie di pietre o laterizi (caementa) a secondo della funzione da assolvere (mura, palazzi, difese portuali, approdi artificiali, cisterne, piscine ed altro ancora).
Sarebbe, quindi, un gravissimo danno per l’Isola, e per la sua storia, la perdita di una simile importante testimonianza del nostro passato sulla quale per lunghi anni si sono fatte crescere le radici dell’indifferenza e della stupidità umana nutrite, per lo più, di trascorsi allori.

All’esedra seguono resti di piscine ed approdo con attiguo attuale noto ed accogliente stabilimento balneare – 2 maggio 2003
Per maggiori approfondimenti storico-architettonici vedasi: A. Maiuri “Capri. Storia e Monumenti“, Roma – 1956.